Rapporto-relazione tra sogno, desiderio e realtà. I primi passi della Bottega della Mistica
Giovanni Prestini
Nasce a Milano l’8 ottobre del 1941. Divide la sua adolescenza tra Roma Milano dove frequenta l’Università Cattolica per passare successivamente alla facoltà di Sociologia Trento. Inizia qui la sua elaborazione sul concetto di territorio, riletto come espressione dell’identità della persona e quindi della comunità locale. Fonda nel 1973 il Centro Ricerca e Sviluppo del Territorio C.R.S.T. a Santa Margherita Staffora, dove si è trasferito ed ha sposato la teologa Angela Volpini. Nel 1981 costituisce la Cooperativa Centro Lavoro Integrato nel Territorio, Ce.L.I.T. di cui è tutt’ora presidente, uno dei maggiori momenti di elaborazione e progettazione dello sviluppo locale integrato, che opera al servizio degli enti pubblici e delle imprese.
E’ lecito sognare? Dio sogna? Sognava quando ha creato il mondo e di conseguenza la persona umana, Maria ha sognato quando ha concepito Cristo, Cristo sognava quando predicava e comunicava il senso della vita e il fine della creazione? Cristo sognava anche mentre tutti lo abbandonavano, fino a quando sulla croce dice: padre perché mi hai abbandonato? Ma sia fatta la tua volontà, affermando anche io e te siamo una sola cosa? Che aspettativa aveva e ha Dio dalla sua creazione, cioè noi con Lui?
Perché questo prologo?
Non è retorica, è che quando ci si guarda attorno e si scoprono tutti i doni ricevuti e parlo di tutte le persone che ci sono vicine, di tutti gli amici, delle opportunità e delle occasioni ci si rende conto che si ricevono dei veri doni che non riusciamo neanche a vedere: la domanda sorge spontanea: perché? Cosa ci manca, cosa vogliamo dalla vita, cosa ci aspettiamo dagli altri?
Quali sono i doni che Dio ha fatto nella creazione e perché per noi tanta fatica per realizzarla per riconoscerli, quasi che la fatica offuschi il suo dono-amore verso la creazione?
Perché negli altri o dagli altri si hanno grandi aspettative, e non è una voglia di prevaricazione, né di imporre quello che loro non vogliono, o di mancare di rispetto alla loro intimità. Capita di percepire molto forte, quasi come un urlo dentro le loro possibilità, quello che si possono definire talenti, e vorrei comunicare, poterne parlare. Questo non risulta possibile, a meno che non si usino gli strumenti di un essere umano che vuole comunicarsi, comunicare con gli altri. In fondo a ben pensare neanche Dio lo fa, ci ha creati liberi, sì è vero al minimo delle condizioni, ma al massimo delle possibilità, essere della sua natura.
Si viene esortati a portare pazienza perché anche gli altri ne usano tanta verso l’altro. Ascolta, lasciati ascoltare, fai silenzio cioè tutte le frasi che convenzionalmente si dicono quando si desidera comunicare ed incontrare il prossimo, dando il reale valore a quelli che sembrano luoghi comuni. Appellarsi alla pazienza, certo, ma anche guardare all’evoluzione del pensiero e del desiderio. Se Dio, Maria, Cristo si fossero fatti inibire dal falso rispetto e dalla libertà dell’altro, dalla cultura del loro tempo e seguito questa metodologia fatta di interrogativi, dubbi, ripensamenti, timori avrebbero fatto le cose che hanno fatto? Difficile parlarne e saperlo perché, stranamente, il loro linguaggio è quello dell’unità. il linguaggio del cuore.
Siamo di fronte ad affermazioni che sono frutto dell’intuizione nel senso più compiuto e positivo dell’intelletto. La difficoltà è assumerle su di noi come qualità, evitando il pericolo che il sogno si trasformi in frustrazione.
Quale coraggio ha avuto Maria nel concepire Cristo, senza tenere conto della legge esistente e quale coraggio ha avuto Cristo nell’iniziare la sua missione convocando gli apostoli, pur conoscendo i rischi che avrebbero corso? Nel momento in cui si crea i parametri cambiano, si è attenti ai punti di forza più che alle fragilità.
Questo coraggio, che è ben oltre quella che oggi può essere vista come incoscienza, ha comunque accelerato la storia in maniera inaspettata e esponenziale fino ad arrivare ai giorni nostri nei quali il sogno rischia di disorientare anziché ispirare: felicità sulla terra, umanità realizzata, prime parole di cui Maria era certamente cosciente e responsabile,
Questa qualità del coraggio, se riusciamo a metterla in atto, aiuta a sconfiggere la lentezza, la stanchezza e il frastuono di tutti, quando ogni occasione sembra buona per giustificare che le cose urgenti vengono prima delle cose importanti. Tuttavia, le possibilità che intuiamo e che potremmo creare noi della storia tutti insieme, vengono rimandate quasi dalla paura di quello che si potrebbe trovare al di là della siepe. Per questa ragione il gruppo di ricerca “La Bottega della Mistica” – nato dal desiderio di misurarsi su questo tema così impegnativo, non in generale o in termini culturali, bensì soffermandosi sulla propria esperienza e sul proprio vissuto, in dinamica e senza temere giudizi, – potrebbe costituire quel superamento auspicato per l’accelerazione verso la nuova civiltà.
Sembra evidente che il modello di sviluppo attuale, il modo di consumare, il modo di relazionarsi, stanno mostrando i loro limiti. Fino a quando la globalizzazione non si è affermata, uno sviluppo localizzato era possibile in quanto le contraddizioni rimanevano all’interno di piccoli mondi. Piccoli si fa per dire: Europa, Asia, Americhe, Africa, tuttavia non consapevoli del mondo intero. Credo che sia maturo il momento di affermare anche l’importanza della qualità della persona, delle sue possibilità e per fare questo non occorre necessariamente essere una maggioranza. Basta essere anche un gruppo di persone. Un piccolo gruppo come quello della: “Bottega della mistica”.
Andando sul personale, in alcuni momenti ho affermato che un direttore d’orchestra vale quanto e più di un suonatore di strumento proprio perché contiene un progetto comune. L’arte non è soltanto l’opera singola di un singolo, un dipinto, una scultura, un palazzo, cioè il momento “fermato dall’ artista”, ma costruzione di sé, l’invenzione di sé è la creazione di sé. Così, parlando di “bottega” in senso rinascimentale, questo sé: diventa noi.
Come nel caso dell’immagine della Fenice che rinasce dalle sue ceneri si tratta di rinascere dalle proprie contraddizioni e raggiungere la perfezione dell’essere, nonostante la finitezza e la fragilità del corpo che contiene lo spirito dell’essere.
Strano che Dio – e possiamo domandarci perché – nel farsi anche Lui persona con noi, con la sua creazione indistinta abbia posto l’essere nella parte più fragile che idealmente la contiene e la costudisce, cioè il corpo. Cristo lo definisce il tempio dello spirito. E’ anche vero che senza il corpo non ci sarebbe la persona, quindi saremmo tutti un indistinto probabilmente in Dio. Con questo termine non mi riferisco solo al Dio della tradizione, ma al sentire, al desiderio, al sogno, alla speranza, al fine della persona in generale, cioè il sogno desiderio di tutti i credenti nella persona umana come fine e compimento di sé.
Con il corpo non solo Dio ci dà una dimensione più completa della sua natura, con il corpo ci fa distinguere da Lui e dalla sua stessa creazione, ci dà le sue possibilità, facendola diventare la nostra con-creazione.
Con-creatori nella sua stessa creazione: distinguendoci da Lui completa sé stesso e dà senso al Suo amore verso la creazione. Ogni persona che si crea è una aggiunta e completamento a Dio stesso.
SOGNO, DESIDERIO E REALTA’: UNA TESTIMONIANZA CONCRETA
Tentativo di narrazione di un’esperienza vissuta e da vivere:
“Il tempo di Dio è l’alfa e l’omega, che coincidono in un punto. Questo punto può allargarsi all’infinito, così l’universo è contenuto in ogni punto.
Dio per me, sono le mie ali per non cadere nel vuoto.”
Nel momento in cui sono me stesso totalmente il tempo si accorcia fino a diventare tanti punti coincidenti in un unico punto. Questo è il mio senso di pienezza, che ho provato come esperienza nel quale si perde la cognizione del tempo e dello spazio rimanendo senza volontà nella totale contemporaneità di spirito e corpo.
In quell’attimo ero totalmente presente all’altro soggetto. L’altro ti dà tutto quello che è, e tu ti mostri per tutto quello che sei. È un momento di contemplazione mistica, con tutta la responsabilità che questo termine comporta.
La mia relazione con Dio è passata da questa esperienza. Il tempo e lo spazio erano un unicum, mi percepivo pienamente e capivo che il senso della creazione è un senso storico reale. Questa esperienza è molto bella, ma non si può ripetere. Quell’attimo lo vivi ed è per sempre, l’attimo dopo è un’altra creazione. In pratica non è tanto significante la relazione con Dio, quanto il concetto di amore che diamo a noi stessi. Cioè è il concetto di amare l’amore.
Il problema non è il silenzio di Dio, ma il problema siamo noi. Se scopriamo il nostro io, scopriamo Dio.
Paura? Si. Ma forse perché ci sentiamo figli di un Dio minore e non gli eredi responsabili della creazione.